Tamburo congolese in legno e cuoio (Ph. Marco Di Nardo – MAET)

Per celebrare la “Festa della Musica”,

che si festeggia in tutto il Mondo il 21 giugno, abbiamo scelto un tamburo che proviene dall’attuale Repubblica Democratica del Congo. Questo strumento musicale è stato raccolto dagli ingegneri piemontesi Pietro Gariazzo e Carlo Sesti impiegati tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento nella costruzione della linea ferroviaria che avrebbe connesso Leopoldville (oggi la capitale Kinshasa) con la città di Matadi. Il tamburo è di produzione Kongo, una popolazione di lingua bantu che abita la costa atlantica dell’Africa, da Pointe-Noire a Luanda.

Tamburo congolese in legno e cuoio (Ph. Marco Di Nardo – MAET)

Tamburo Kongo in legno e cuoio (Ph. Marco Di Nardo – MAET)

I tamburi sono forse gli strumenti che nel nostro immaginario meglio rappresentano la musica africana.

La musica riveste in Africa, da sempre, un ruolo centrale sia nella quotidianità sia nelle occasioni cerimoniali legate al ciclo della vita. Moltissimi sono i momenti scanditi dalla musica, dalle danze e dal canto. Sicuramente l’elemento centrale della musica dell’Africa subsahariana è il ritmo che viene dato da strumenti a percussione, come tamburi, djembè e dun-dun, ma anche da altri strumenti e dalla voce. Oltre a un oggetto, abbiamo anche selezionato un brano musicale; si tratta di Nterini dell’artista maliana Fatoumata Diawara, che potete ascoltare qui:

Originaria del Mali, Fatoumata Diawara è una delle rappresentati più vitali e acclamate della musica africana contemporanea, non è solo cantante, ma anche autrice, chitarrista e attrice. Il suo stile mantiene alcuni aspetti tradizionali della musica africana e non scende a compressi ideologi. Fatoumata, infatti, non ricorre a escamotage per affrontare argomenti scomodi o spinosi come la migrazione delle giovani generazioni africane, i matrimoni misti o le modificazioni genitali femminili.
Nterini (“Il mio amore”) parla di un viaggio e di un amore a distanza ed è una performance sia musicale sia visuale, come si può vedere dal video che ha accompagnato l’uscita del singolo nel 2018. Il video è curato dall’artista visuale etiope Aïda Muluneh, e parla della storia di un migrante tra i milioni che attraversano l’Africa. I sentimenti dell’amore, della lontananza e della solitudine riecheggiano dalle parole del brano al paesaggio arido, desolato e affascinante della Dancalia, simile ai paesaggi che rifugiati e migranti attraversano ogni giorno, in Africa e in altre parti del mondo. Il brano è parte dell’album dal titolo Fenfo (“qualcosa da dire”) che Fatuoumata Diawara ha scelto di incidere interamente in lingua Bamara. Quella di cantare in una lingua diversa dal francese o l’inglese, lingue coloniali che avrebbero facilitato la diffusione del suo lavoro, è una scelta creativa coraggiosa che l’artista ha preso per rendere onore alle sue radici africane.

 

Con l’occasione vi ricordiamo la nostra playlist su Spotify MAET_soundscape e vi auguriamo buon ascolto!